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Caduta Libera
di Demonio Pellegrino
Capitolo 1 - Cena di natale
Festa di Natale, casa di Luca. Ho un bicchiere di champagne in una mano, una tartina al salmone nell’altra, e i miei occhi sul culo della donna del padrone di casa.
Sono bellissimo. Indosso un paio di jeans G-star, una maglia nera a pelle, un maglione Superdry verde con cappuccio, scarpe Prada.
Siamo in 20, in perfetta parità uomo donna, come da legislazione sulle quote rosa. Gli uomini presenti si dividono in tre grandi gruppi: Luca e Vittorio fanno parte della categoria dei trentenni che approfittano del loro essere trentenni per trombare venticinquenni; Paolo, Umberto e Igor fanno parte della categoria di trentenni che approfittano del loro essere trentenni per trombare tutto il trombabile; Giulio, Valerio, Marco e Giovanni fanno parte del gruppo di trentenni sposati, fidanzati o quant'altro che vorrebbero trombare venticinquenni o tutto il trombabile, ma non lo fanno.
Io sono in bilico tra le prime due categorie.
Le donne sono tutte in una sola categoria: troie. Ma ci sono tre sottocategorie: mettibili, trombabili e ingiovibili.
Mi guardo intorno. Sono seduto tra donne disperate per un figlio, donne disperate per un cazzo (letteralmente), donne inconsapevoli dell'animale che si ritrovano per marito o compagno. Nessuna ingiovibile, per fortuna, molte trombabili, pochissime mettibili.
Igor, di fronte a me, grugnisce nella sua lingua del cazzo. Giusy sostiene che il suo accento è molto sexy. Mi domando se la Mercedes classe E che ha parcheggiato di fronte a casa di Luca influisca sulla sensualità del suo accento. E se sì, in che misura.
Continuo a guardarmi attorno, e mi chiedo dove siano finite le corpiduri delle mie compagne di università: guardo Laura, a capotavola. Le sorrido, e penso a quando scopammo a casa sua, con sua sorella in salotto, e la camera da letto con la porta aperta. Sta servendo una zuppa grigia, di non so che cosa, impedita dal suo maglione extralarge. Immagino l'abbia comprato per coprire lo sboddamento del suo corpo. Dovrebbe richiedere indietro i soldi: ovviamente l'indumento in questione non svolge bene il proprio compito.
Cristina sta parlando con Vittorio, si vede che è annoiata. Si vede che non ascolta. Mi tolgo il mocassino Prada pagato col sangue, e comincio a farle piedino sotto il tavolo, solo per non impazzire e avere qualcosa da fare, mentre Giulio, il suo convivente, mi sfonda le meningi con programmi d'investimento che secondo lui possono aiutarmi a superare la crisi economica.
"Dovresti investire nel vino, Matteo, comprarti una bella cassa di Chateux Gran Cul, lasciarla li' vent'anni, e poi rivenderla. Ci faresti un sacco di soldi, è una polizza per la vita", continua a parlare sbavando. E' l'unico ad indossare una cravatta del cazzo. Cristina, che non si è mossa se non per aprire un po' le gambe e permettere al mio piede di montare verso le sue cosce, lo guarda con disprezzo.
"Giulio, perché devi rompere le scatole a tutti con queste menate d'investimento?"
"Lascia stare Cristina, che se avessimo investito in vino come avevo detto io, a quest'ora saremmo ricchissimi"
"Beh, ma non lo siamo, Giulio. E credo che questo ti squalifichi abbastanza come possibile consulente finanziario, non credi?".
Nel dire queste cose Cristina infila la mano sotto la tavola, prende il mio piede e se lo mette con forza in mezzo alle gambe. Mi domando che biancheria abbia, mentre il mio piede senza scarpa assorbe il calore della sua figa. Mi domando dove potrei scoparmela in casa di Luca, senza che nessuno se ne accorga. Mi domando per quale motivo m'interessi che nessuno se ne accorga.
Giulio continua a parlarmi di fondi d'investimento e di un suo amico che una volta a Singapore ha comprato un mobile antico e ha scoperto che...Mi alzo all'improvviso per non sclerare e prenderlo a sberle. Cristina sobbalza. M'infilo la scarpa, mentre Giulio mi guarda, vede che mi sto mettendo la scarpa, e poi alza gli occhi verso Cristina, che lo guarda basita. Non dico niente, e faccio come se fosse perfettamente normale togliersi il mocassino destro durante una cena.
Tutti hanno capito benissimo che fino a un secondo prima il mio piede era tra le gambe di Cristina. Tutti tranne Giulio. Che si alza con me e continua a parlarmi di fondi d'investimento.
"Giulio, devo andare al cesso", gli dico, "vuoi accompagnarmi anche li'"?
Mi allontano, e mi avvicino per principio al corpo sformato di Laura, faccio in modo di toccarlo passando per aprire il cesso, e sento il mio gomito affondare in un mare di carne.
Stranamente non mi schifa, provocando una semi erezione.
Vado in bagno, provo a farmi una sega pensando a Cristina, ma non ci riesco. Mi rassetto, esco dal bagno e torno in sala da pranzo.
Il gruppo si è spostato verso il tavolo del dolce. Pandori, panettoni, tiramisù, creme-caramel e ogni altra bomba calorica sono offerti come su un altare sacrificale.
Elena mi si avvicina. Trombabile, sicuramente. Forse mettibile. E' l'unica che ancora si prenda la pena di parlarmi come se potessi davvero risponderle.
"Matteo, che cazzo stai facendo con Cristina? Tra un po' il tuo piede le sbucava dalla bocca..."
"Sei gelosa?"
"No, ma non credo tu ti faccia del bene a fare quello che fai. Giulio è un tuo amico!"
"Giulio è uno a cui ho venduto la raccolta di Martin Mystère nel 1994, Elena, e a prezzo maggiorato. Non un amico. Sii precisa nell’utilizzo dei vocabili, per favore, ti sei pure laureata in lettere."
"Sei davvero uno stronzo".
"Per servirla, signora".
Elena si allontana e torna da Vittorio. Igor si avvicina.
"whsqdjheshsj tiramisù?"
"Eh?"
"qsqkhdkqsdh tiramisù"?
"Ma come cazzo parli, Igor? Non ti capisco"
Igor si offende, sta per dirmi qualcosa. Cristina mi prende per un braccio e mi porta in cucina.
"Ti vuoi fare ammazzare stasera?"
"Avrei altre priorità...", le rispondo, mentre le guardo deliberatamente la scollatura abbondante, che lascia intravedere due tette durissime.
"Ah sì, e quali sarebbero?"
Non alzo lo sguardo dalle sue tette. Sto parlando con loro: "Non ho programmi. Vado dove mi porta il cuore".
"Matteo, tu un cuore non ce l'hai. O se ce l'hai è sulla punta del tuo uccello".
"E' un problema?", le chiedo sfoderando il mio sorriso migliore.
"Non necessariamente..."
Mi avvicino, e senza guardarla negli occhi le metto una mano sulla tetta destra, e una mano sul fianco sinistro. L'attiro verso di me. Le bacio il collo. Sento il suo respiro aumentare.
"Certo che voi donne siete veramente tutte troie", sussurro, ancora con la mano sulla tetta, ancora senza guardarla in faccia.
Sento il rumore dello schiaffo prima ancora del dolore sulla gota. Mentre Cristina se ne va in bagno, con le lacrime agli occhi, le urlo "che cliché del cazzo, che sei". Non credo che mi abbia sentito. Faccio per urlare più forte, ma mi dico che non è una buona idea.
Torno in salotto. E' il momento della consegna dei regali. Umberto, come ogni anno, sta cercando di trovare una nuova procedura per la consegna di questi cazzo di regali a sorpresa. Evidentemente non è soddisfatto della procedura reinventata ogni anno negli ultimi 15 anni.
M'innervosisco, e per dispetto comincio a spezzettare le foglie di una pianta costosa che Maria ha portato di regalo a Luca stasera. Non so che pianta sia, ma è verde.
Luca mi vede, e si avvicina. Mi sorride e versa il suo spumante nel vaso della pianta, sorridendo. "Mi faceva comunque schifo", mi dice.
Lo abbraccerei se non fossi uno stronzo.
Umberto sta ancora cercando di spiegare come avverà la cernita dei regali. Io mi piazzo dietro al divano, guardando i culi delle donne, per vedere se qualcuna non lasci il tanga in bell'evidenza. Scommetto con me stesso che ce ne sono almeno cinque. BINGO! Ne conto 6. Di queste sei, tre me le sono scopate, una mi ha fatto un pompino. Due mi mancano.
Decido che devo rimediare.
Mentre fantastico di un'orgia con due gemelle viste su una rivista dal dentista quel pomeriggio, arriva il momento dei regali. Ho il regalo numero 6. Lo apro. E' un cuscino per appoggiare la testa nella vasca da bagno. Comincio a urlare come un pazzo, saltando, gridando che è bellissimo, e che Dio solo sa quanto lo volessi. Corro intorno agli altri. Inciampo in una lampada che cade per terra e si rompe.
Gli altri mi guardano in silenzio, imbarazzati. Io continuo ad urlare. Taccio all'improvviso.
"Cazzo, ho solo la doccia a casa", dico. E comincio a fingere di piangere.
Giulio scuote la testa in un angolo, guardandomi. Cristina mi guarda. Non capisco se è amore, disprezzo o pena quello che vedo nei suoi occhi. Luca ride.
Capisco che è il momento di sloggiare. Saluto e me ne vado. Prima di uscire frugo nei cappotti appesi all'ingresso, prendo un paio di mazzi di chiavi che non so a chi appartengano. Uscito in strada, le butto nel pozzetto della fogna.
In strada, cerco poi la Mercedes Classe E di Igor, la rigo con una chiave, e ci scrivo UNGHERIA MERDA.
21 comments:
Io proverei con un po' meno gros mots, giusto per vedere se funziona lo stesso.
lafrangia
Salve Frangia, grazie del commento.
beh, il personaggio è cosi', gros mots à gogo...c'è un parallelismo tra la lingua usata e la decadenza della mente...
Sì, proprio un racconto natalizio come si deve.
Poi, per capire cosa siano i gros mots ho dovuto cercare su google, ma adesso che so cosa sono, devo dire che a me sono parsi idonei al personaggio.
venti, hai ragione, mi sono trascinato a fare il fenomeno: gros mot vuol dire parolaccia.
Ahahah proprio una merda galattica 'sto Matteo!
Esilarante la scena del cuscino da vasca!!!
ArturoP
Ciao arturoP, benvenuto! E grazie per il commento.
Matteo è una merda disumana, ma ci sono affezionato...
Matteo sarebbe anche ganzo.
Alcuni "passi" mi sembrano un po' scontati e BARRA o forse eccessivi.
Il Pikkio
salve pikkio, grazie per il commento.
Mi fai degli esempi? Cosi', se del caso, considero eventuali modifiche.
Input dei lettori sempre ben accetto!!!
Cioè, m'hai dato della fenomena, mi potrei pure urtare. O rigarti la macchina.
lafrangia
aaaah
Allora, faccio (ancora) la pignola.
La perfetta parità mi suona male. Se è parità, è perfetta di per sé, credo. Dieci a dieci. L’imperfetta parità sarebbe dieci a nove? :-P
Le parolacce: fanno parte del personaggio, metafora della pochezza morale? Lasciamole. Ma possiamo trattarle allora alla stregua di qualunque altra parola usata nel racconto? Sì, possiamo :-)
Così trovo che da “donne disperate per un cazzo (letteralmente)” in poi, in poche righe si usi la parolaccia troppe volte (tre). La prima funziona (per via della battuta sul ‘letteralmente’), la seconda ci vuole (perché l’espressione “lingua del tubo” non si intonerebbe al personaggio), la terza, però, diventa inutile e apparentemente forzata.
Non sto contestando il fatto che, nella realtà, magari Matteo lo direbbe anche più volte. Sto solo dicendo che la scrittura che riproducesse fedelmente il parlato o i pensieri di qualcuno non è detto diventi per questo realistica o credibile. Credo anzi che, anche se vuole apparire reale e vera, in realtà debba piegarsi ugualmente alla finzione letteraria.
Poi: un po’ disorientata da tutti i personaggi, vengo confusa da Camilla e Cristina (nome simile). In questo momento, per esempio, fatico a ricordare chi sia la padrona di casa, chi sia quella del piedino, chi sia quella che va in cucina… Magari, in un racconto lungo, si preciserebbero. Qui, però, non hanno abbastanza spazio per diversificarsi; un nome simile mi costringe a ritornare indietro per vedere chi è chi.
Un particolare stupido: perché alcuni dialoghi hanno la doppia punteggiatura (virgolette alte e lineetta)?
Ho cercato il pelo nell’uovo, lo so.
La storia è bella. Fa pensare che ci sia dietro altro ma, è vero, è completa anche così. Una frase piaciuta tanto: terza riga "sono bellissimo".
Dopo Marco e Matteo, avremo Massimiliano, Mauro e Matusalemme? :-)
Sarò estremamente sincera, Demonio. E lo sarò perché scrivi bene e ritengo che quando lo fai sui tuoi argomenti forti (politica, attualità, costume) e riesci a tirar fuori la tua vena sarcastica tu sia davvero bravo. Ma qui secondo me non ci siamo proprio.
Innanzitutto, il turpiloquio. A volte è mimèsi del parlato, a volte è semplicemente esibito, pour épater la bourgeoisie - cosa che è probabilmente il fine ultimo di Matteo.
Ma il problema grosso è proprio lui, Matteo: è vuoto, senza un preciso spessore. Troppo compiaciuto di sé per essere cinico, troppo superficiale per essere tragico, troppo compreso nel suo personaggio per essere comico, non abbastanza lucido e disilluso per essere un homme revolté.
Osserviamolo attentamente:
se la tira per i suoi vestiti di marca
dice un sacco di parolacce
vuole essere sempre al centro dell'attenzione
vorrebbe scoparsi qualsiasi cosa si muova
si fa le pippe in bagno
riga un'auto con la chiave
Tirando le somme: un quindicenne. Nient'altro. Io la decadenza della mente non la vedo proprio. È solo stronzo – aggratis – e anche un po' stupidotto.
Se questo è il personaggio principale del tuo romanzo breve/racconto lungo, beh, a me sembra difficile che da tale palude possa elevarsi all'altezza necessaria per una Caduta libera. Al massimo, uno scivolone.
(Poi, magari nei capitoli successivi sei riuscito a dare una connotazione più forte e decisa a Matteo, ma questo non posso saperlo)
Annalisa, per la seconda volta su due i tuoi commenti mi convincono in pieno. Soprattutto la questione del cazzo (che detta cosi', sembra una porcheria, pero' ci siamo capiti).
Sui personaggi, è vero che poi nel resto del racconto sono differenziati, alcuni scompaiono del tutto, sono solo li' per far numero, per cui credo che la confusione sparisca. Ma è vero che se fosse un racconto piu' breve dovrei differenziare meglio i nomi. Hai ragione.
Noisette: grazie per i commenti. Spero di essere riuscito a dare a Matteo una connotazione piu' forte nei capitoli successivi, anche se come lo descrivi è esattamente come voglio che appaia. Non c'è grandezza nella demenza.
Per il turpiloquio, qui credo ci stia tutto, ma non sei la prima che mi dice che sia "troppo". Per cui, anche qui, accolgo il commento e medito.
A me invece il turpiloquio piace, quando è coerente. E qui lo è. Il personaggio è questo. Il contesto in cui si muove E' borghese, ed è corretto che provochi scandalo.
Il racconto funziona, secondo me. Anzi, forse avrei aggiunto qualcosa in più, tanto per premere il pedale della provocazione.
Abbracci!
Lara, bacio le mani!!!! grazie!!
Beh, nei capitoli successivi il bravo matteo non si risparmia...
Mi piace molto il ritmo del racconto.
Mi sono permesso di inserirti tra i link amici del mio ben + modesto blog.
un saluto
benedetto, benvenuto, e grazie per il commento.
Le foto in bianco e nero di Palermo sul tuo blog sono davvero molto belle.
il tuo blogg mi piace!!il racconto per me è carino io l'ho letto e in certi pumti è divertente...a me piace..spero in un prossimo racconto!!
ciao Darklady, benvenuta, e grazie!
A breve, metto online i due/tre capitoli successivi di Caduta Libera...
Oggi ci siamo visti per la cena di Natale. Questo racconto calza la fine della giornata! bravo ... narrativa sempre più bella. Lo distribuiro' in volantini in tua assenza!
Fu Achmed (mi piace l'accento sul FU)...lasciate una sedia vuota con un cartello con su scritto "io non vengo" in mio onore.
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